Roma la storia della danza nell’antichità

Roma era orgogliosamente impregnata di razionalismo. Ovvio quindi che l’antica cultura romana contrastasse nettamente con lo spiritualismo delle danze estatiche.
Roma e il razionalismo
La danza all’epoca era un’arte fiorente dappertutto, fuorché a Roma. Per questo non dobbiamo stupirci se la storia romana della danza è più che povera e se non troviamo alcun posto d’onore a lei assegnato.
Nonostante Plutarco sottolinei la grazia con cui danzavano i sacerdoti di Marte, e Luciano definisca il tripudium – una danza sacerdotale, legata alla scadenze della coltivazione delle terre – una “danza maestosa”, dobbiamo tener presente che questi fenomeni coreutici avevano finalità pratiche legate alla religione e alla guerra.
La maggior parte delle attività teatrali si svolgevano nel corso di feste di carattere religioso, vittorie militari, consacrazioni di edifici pubblici e monumenti, funerali di personalità importanti. Oltre alle feste ufficiali dello Stato, si tenevano anche rappresentazioni allestite privatamente nelle ville patrizie e spettacoli per pubblico pagante organizzati da compagnie girovaghe.
Si distinguevano 4 tipi di danze:
- sacre
- guerriere
- teatrali
- domestiche.
Quelle teatrali si suddividevano a loro volta in:
- tragiche
- comiche
- satiriche
- pantomimiche.
Le tre epoche della danza a Roma
Nel corso della storia di Roma il rapporto tra i cittadini dell’impero e la danza mutò.
Nelle epoche più recenti la danza venne integrata nella vita pubblica, ma pur amando veder danzare, i romani non divennero mai, specie nelle classi agiate, danzatori. Anche quando le famiglie nobili presero l’abitudine di avviare i propri figli all’arte della danza, non scattò mai una fase di creatività in grado di produrre moduli coreutici originali.
In epoca repubblicana e imperiale, la danza a Roma si basava soprattutto su modelli importati. Si impose la pantomima greca, che rappresentava l’azione drammatica senza l’uso delle parole. La pantomima divenne la forma di spettacolo più gradita al popolo romano. Mentre il pantomimo era noto in Grecia fin dal quinto secolo a.C. e coinvolgeva due o tre ballerini, a Roma invece si trattava di un assolo di danza tratto dalla mitologia o dalla storia. Il solista in questione svolgeva tutte le parti richieste dall’intreccio gesticolando, danzando e inframmezzando monologhi.

1. Roma arcaica e la danza
Nella Roma più antica la danza era composta da danze collettive di uomini appartenenti a differenti corporazioni. Ad esempio, c’erano danze primaverili dei sacerdoti per la seminagione e per la purificazione dei campi, o danze d’armi dei sacerdoti e guerrieri di Marte. Questi ultimi prendevano il nome di Salii (da saltantes, danzatori) ed erano uno dei gruppi di sacerdoti più in vista dell’antica Roma. Nel mese di marzo i Salii percorrevano la città cantando e ballando allo scopo di risvegliare lo spirito guerriero di Roma.
Come danza collettiva era rappresentata da un solista i cui movimenti erano ripresi da due cori, composti uno dagli anziani e uno dai giovani. La coreografia era creata tutt’intorno al ritmo battuto dagli scudi.

2. La danza come moda
Un secondo periodo della storia della danza romana cominciò verso il 200 a.C. In questi anni Roma accolse e assimilò la coreutica etrusca e quella greca.
La danza entrò a far parte della vita pubblica dei romani e diventò una moda nella vita privata. I nobili iniziano a mandare i loro figli a scuola di danza.
I conservatori tuonavano contro il diffondersi di questa arte, che secondo loro indeboliva i giovani romani. E invano Scipione l’Emiliano, verso il 150 a.C., farà chiudere tutte le scuole di danza di Roma.
3. La danza nell’Impero
Nonostante il divieto di Scipione l’Emiliano, la danza a Roma continuò il suo corso. Durante l’epoca imperiale vi fu il predominio della danza etrusca, greca e orientale, ma soprattutto della pantomima greca.
Qui il mito è concepito e reso coreograficamente: “Il compito principale del danzatore è l’arte di rappresentare con eccellenza tutti i soggetti della storia degli dei e degli eroi” scrive Luciano.
La marcia trionfale della pantomima è significativa. I romani, la cui cultura gli negava una predisposizione alla danza, gustavano senza pari lo spettacolo delle danze figurative. Quello romano non divenne mai veramente un popolo di danzatori, lasciando questo compito sempre a importanti figure provinciali, principalmente elleniche o afro-asiatiche.

Rottura tra Chiesa e Teatro
La pantomima ben presto divenne una danza satirica, volgare e deliberatamente erotica. Quindi, denunciava e smascherava il potere e l’abuso tramite la messa in ridicolo del personaggio famoso di turno rimanendo impunita in quanto satira. Dalla tragedia alla commedia il passo fu breve.
Contro i danzatori e pantomimi si scagliò, ben presto, la Chiesa. Quando il Cristianesimo diventò religione di Stato (nel 400 d.C. circa) vennero eliminate alcune manifestazioni teatrali considerate sconvenienti. Inoltre, chiunque andasse a teatro, invece che in chiesa nei giorni di festa, veniva scomunicato. Peraltro gli attori non potevano ricevere i sacramenti: da questo momento nacque la rottura tra la Chiesa e il Teatro.

La danza nelle campagne
Nelle campagne, rispetto al più colto ambito cittadino, la danza divenne un fenomeno di massa. Anche perché era profondamente legata ai riti propiziatori dei raccolti e alle grandi festività in onore degli dei.
I Saturnalia o i rituali dionisiaci (poi chiamati Baccanali), da danze di pochi, divennero danze di folla. Queste si trasformarono in danze sfrenate fino a diventare, nel caso dei Baccanali, lascive danze orgiastiche. In queste occasioni il popolo, che molto spesso viveva in povertà, poteva dimenticare per un po’ la difficoltà della quotidianità, lasciandosi andare all’istinto e alla libertà di movimento che la danza offriva.
Un’altra danza religiosa che imperversò nella cultura popolare di Roma era il Lupercalia. Il nome derivava dalla celebrazione delle calende di marzo della festa dedicata al dio Pan. Durante questa festività i sacerdoti di Pan percorrevano le vie della città completamente nudi, armati di un frustino, percuotendo la folla a passo di danza.
Altre forme d’intrattenimento a Roma
A Roma le altre forme d’intrattenimento erano le corse dei cavalli e dei carri, le gare di lotta, i combattimenti con animali e i combattimenti dei gladiatori. Ma gli spettacoli più apprezzati erano le naumachìe o battaglie navali. La prima fu offerta nel 46 a.C. da Giulio Cesare in un lago creato artificialmente per l’occasione nel campo Marzio. Vi fu rappresentata una battaglia che coinvolse duemila marinai e seimila rematori. La più ambiziosa di tutte le naumachie fu organizzata nel 52 d.C., sul Lago del Fucino ad est di Roma, per celebrare il completamento dell’acquedotto: vi presero parte più di 19.000 partecipanti e moltissimi vi trovarono la morte. Occasionalmente venivano allestite delle imitazioni in scala ridotta di questi intrattenimenti anche nei teatri, dove l’orchestra veniva allagata per permettere delle battaglie navali in miniatura oppure dei balletti acquatici. Ma il teatro era uno spazio troppo limitato rispetto alle grandi arene disponibili e le rappresentazioni furono progressivamente introdotte negli anfiteatri.

Per saperne di più:
- Curt Sachs, Storia della danza, Il Saggiatore, Milano, 1966
- Oscar G. Brockett, Storia del teatro, Marsilio Editori, Venezia, 1988
- Oliver Hekster, Sebastian Schmidt-Hofner, Christian Witschel, Ritual Dynamics and Religious Change in the Roman Empire, Brill Academic Pub, 2009
In copertina: Baldassarre Peruzzi, Apollo e le Muse (1510-1525), Palazzo Pitti, Firenze
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Noemi Sammarco
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