
Quello che ci muove. Una storia di Pina Bausch
Serena Ceprani
Quello che ci muove. Una storia di Pina Bausch è un piccolo libro che ripercorre le tappe della vita di una grande artista del Novecento. La quale ha rivoluzionato la danza con la sua idea di teatro.
Non a caso, nel 2007, venne conferito a Pina il Leone d’Oro alla Carriera, con questa motivazione: “Pina Bausch è un’artista che ha segnato una nuova via originale all’espressione scenica del corpo danzante e parlante, influenzando non soltanto la danza contemporanea, ma anche le arti ad essa contigue, mutandone gli orizzonti. La Bausch è una coreografa che ha innovato il teatro, rendendolo più che mai fisico e musicandone la drammaturgia.”

Una storia di Pina Bausch: casa editrice, scrittrice e illustratrice
Edito dalla casa editrice palermitana rueBallu “Quello che ci muove. Una storia di Pina Bausch” rientra nella sezione Jeunesse ottopiù. Alla quale, nel 2016, è stato assegnato il Premio Anderson come Miglior Progetto Editoriale dell’anno.
A scrivere questo libro così poetico è Beatrice Masini. Mentre ad illustrarlo c’è Pia Valentinis.
Beatrice Masini è una scrittrice di romanzi, giornalista e traduttrice milanese. Nota per aver tradotto i libri della saga di Harry Potter di J.K. Rowling, dal terzo al settimo. E per essere stata, per molti anni, l’editor responsabile dei romanzi per ragazzi della casa editrice Rizzoli. Le sue opere sono state tradotte in più lingue ed hanno ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. Dopo il Premio Castello di Sanguinetto, il Premio Pippi, il Premio Elsa Morante, il Premio Andersen e il Premio Strega, nel 2013 è stata tra i cinque finalisti del Premio Campiello.
Pia Valentinis ha illustrato libri per bambini con case editrici nazionali e internazionali. Ha esposto i suoi lavori in numerose mostre. Insegna e conduce laboratori di arte visiva per bambini. Ha vinto la XXI edizione del Premio Andersen di Genova nella categoria Miglior Illustratore; con “Raccontare gli alberi”, illustrato assieme a Mauro Evangelista per Rizzoli, ha ottenuto nel 2012 il premio per il Miglior Libro di Divulgazione. Nel 2014 è uscita la sua prima graphic-novel, premiata come Miglior Libro a Fumetti al Premio Andersen del 2015.

Le origini di Pina Bausch
Philippine Bausch, detta Pina, nasce in una piccola cittadina tedesca, Solingen, nel 1940. I suoi genitori hanno un ristorante dove lei e i suoi fratelli passano molto tempo. E sul retro Pina organizza i suoi primi piccoli spettacoli insieme ai suoi amici. A cinque anni, inizia a frequentare la scuola di danza e la sua insegnante, notando da subito alcune doti fisiche, la incita a proseguire.
Quindi a 14 anni Pina va ad Essen per studiare danza con Kurt Jooss alla Folkwang Hochschule. Lì capisce come solo con il rigore dello studio, il corpo sarà poi capace di liberarsi rimanendo impeccabile nei gesti. Ma dopo la tecnica una caratteristica deve emergere: il corpo deve avere qualcosa da dire. Perché la danza è una lingua, i cui segni sono i gesti.
Qui nella scuola di Essen Pina frequenta le lezioni con un ragazzo olandese, Rolf Borzik. I due condivideranno vita e lavoro fino al 1980, anno in cui Rolf morirà di leucemia a 36 anni. Fino quel momento, Rolf disegnerà per gli spettacoli di Pina le scene e i costumi. Portando sul palcoscenico la natura, composta da foglie, fiori, terra, acqua.
Dopo la morte di Rolf, saranno Peter Pabst per l’allestimento scenico e Marion Cito per i costumi a subentrare nelle ideazioni coreografiche di Pina. Ma gli spazi rimarranno sempre quelli poetici tra esterno ed interno, dove il palcoscenico diventa un paesaggio.

La vita neyorkese di Pina Bausch
Nel 1958, a 18 anni, viene assegnato a Pina Bausch il Folkwang Performance Prize. E con una borsa di studio del German Academic Exchange Service, approda a New York come studentessa speciale alla Juilliard School of Music per un anno. La città ha un ruolo principale nella diffusione della danza. Pina vede per la prima volta George Balanchine, Martha Graham, José Limón e Merce Cunningham, studiandone le differenze di pensiero e di movimento.
Sempre nella grande metropoli, rimarrà un altro anno grazie ad un’offerta di lavoro ricevuta dal coreografo inglese Antony Tudor per il Metropolitan Opera.

Dopo poco tempo, Kurt Jooss la richiama in Germania per lavorare al Folkwang Tanzstudio. Quello che, negli anni Trenta era considerato il centro della danza tedesca. Pina Bausch balla in vecchie e nuove opere di Jooss e lo supporta creando nuove coreografie. Sviluppa lavori come Fragment o Im Wind der Zeit, per il quale vincerà il Primo Premio al Concorso Coreografico di Colonia nel 1969.
Quando Kurt Jooss si ritira dalla vita lavorativa nel 1968, Pina Bausch diviene direttrice del Folkwang Ballett. Vi rimarrà fino al 1973, quando le sarà offerta la direzione del teatro e della compagnia di danza di Wuppertal. Quella che sarà chiamata Tanztheater Wuppertal. Tanztheater ovvero teatrodanza.
Qui Pina Bausch sviluppa due grandi opere di Gluck: Ifigenia in Tauride del 1974 e Orfeo e Euridice dell’anno successivo. Ma sarà Le Sacre du printemps del 1975 con musiche di Igor Stravinsky a diventare una pietra miliare del suo lavoro. Nel 1983, Pina Bausch riprenderà la direzione artistica del Folkwang Tanzstudio e, dal 1999 al 2008, lo dirigerà insieme ad Henrietta Horn.
La reazione del pubblico al Tanztheater
La metropolitana di Wuppertal è la Schwebebahn: una ferrovia sospesa costruita nel 1901, la più antica del mondo nel suo genere. A parte questa caratteristica niente fa intuire che Wuppertal possa diventare il centro della danza contemporanea. Ma “non c’è sempre bisogno di stare al centro del mondo per fare cose nuove. Il centro del mondo è dove vuoi che sia.”

È molto meglio lasciarsi guidare dall’istinto lungo le strade di cui non si vede il punto d’arrivo. Provare, e vedere che cosa succede, e come.
Pina Bausch
Il pubblico non è preparato agli spettacoli che propone Pina Bausch. E in verità nemmeno i danzatori sono abituati a così tanta introspezione. Pina non vuole provocare, ma portare in scena corpi veri. Carichi, felici, spaventati, ansiosi, schiacciati. Chiede di trasformare i sentimenti e i ricordi in movimento. Perché la lingua della danza è il movimento, e non c’è bisogno di tradurla. Quello che c’è nelle coreografie di Pina è molto semplice e molto complicato allo stesso tempo. Per i danzatori lavorare con lei vuol dire scavarsi dentro e quindi soffrire. Per cercare di esprimere attraverso il corpo la parte di sé più vera e sincera.
Il teatro di Pina non è un teatro che vuole insegnare, ma che vuole creare un’esperienza insieme allo spettatore. Che offre l’opportunità di capirsi e riconciliarsi con la vita. Il Tanztheater Wuppertal rappresenta prima di tutto le persone e non conosce confini.
Registi e film
Registi come Federico Fellini in E la nave va del 1983 e Pedro Almodóvar in Parla con lei del 2002 lavorano con Pina Bausch.
Il regista tedesco Wim Wenders nel 1985 vede per la prima volta lo spettacolo Café Müller. Ne rimane così affascinato che decide di conoscere meglio l’artista e nel 2008 inizia a filmare i suoi spettacoli per farne una pellicola in 3D. Anche se Pina Bausch scompare all’improvviso il 30 giugno 2009 a 68 anni, il film Pina 3D esce nelle sale cinematografiche nel 2011. Le scene mescolano frammenti di coreografie ai racconti dei sentimenti dei danzatori. I quali continuano a lavorare per portare avanti il suo Tanztheater.
Il film, candidato ai Premi Oscar e ai BAFTA, vince un European Film Awards.
Alla morte di Pina le redini del Tanztheater sono state prese da Dominique Mercy, danzatore storico del gruppo e da Robert Sturm, assistente della Bausch per un decennio. Mentre Rolf Salomon Kay, il figlio di Pina e del suo compagno Ronald Kay, ha creato una Fondazione che si occupa dei materiali e di diritti di Pina Bausch.

Per saperne di più:
- Beatrice Masini, Quello che ci muove. Una storia di Pina Bausch, rueBallu, 2016
Noi siamo libri aperti: solo che non esiste una scienza delle cose più semplici del mondo. Pina era una scienziata, una ricercatrice, una pioniera dei territori non mappati dell’anima umana.
Wim Wenders
In copertina: Copertina del libro, Quello che ci muove – Una storia di Pina Bausch, rueBallu
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