
Ghost Dance, il massacro di Wounded Knee
Noemi Sammarco
Può la danza scatenare un massacro? È quello che successe il 29 dicembre 1890 a Wounded Knee. I Minconnjou (un clan appartenente ai Lakota Sioux) guidati dal capo Big Foot, un uomo pacifico che aveva sempre cercato di convivere con i coloni americani, erano diretti alla riserva di Pine Ridge. Nella riserva i Minconnjou erano attesi da Nuvola Rossa, per riuscire a trovare insieme una soluzione pacifica alle ormai lunghe ed estenuanti guerre Sioux.
I Minconnjou, tra la neve e sventolando una bandiera bianca, erano circa 400 tra uomini, donne, bambini e anziani. Il loro, capo, gravemente malato di polmonite, veniva trasportato su un carro. Fino a quando il 28 dicembre un battaglione di cavalleria intercettò la tribù e la scortò in un campo vicino al torrente Wounded Knee. I Minconnjou non opposero nessuna resistenza, al contrario collaborarono con il battaglione.
I Minconnjou erano stati costretti ad intraprendere questo lungo viaggio in pieno inverno. Di conseguenza a lasciare le loro terre, perché i coloni che vivevano ai confini delle riserve Sioux erano spaventati. Questi avevano paura non dei guerrieri, ma dei Ghost Dancer.
I Ghost Dancer erano uomini che ballavano una danza descritta come ossessiva e inquietante. Si muovevano in cerchio, saltavano, cantavano, urlavano. Toccavano vette di estasi e perdita della coscienza. I coloni non capivano quelle movenze e ne erano terrorizzati. Credevano fosse una danza di guerra. Paranoia e malafede facevano interpretare ogni gesto come un messaggio in codice, un segnale di rivolta e istigazione ad attaccare.
Un agente del governo si era talmente spaventato assistendo a quel ballo tribale, che aveva mandato un telegramma chiedendo rinforzi: “Gli indiani stanno ballando nella neve e sono selvaggi e pazzi … abbiamo bisogno di protezione e ne abbiamo bisogno ora”.

Il massacro di Wounded Knee
L’atmosfera a Wounded Knee si fece tesa. I nativi iniziarono a danzare e i soldati, spaventati, diedero l’ordine di smettere. Ma non vennero ascoltati, così l’agente indiano Thomas Forsyth fece puntare contro la piccola folla di danzatori quattro cannoni Hotchkiss.
Al margine della scena un ragazzo, Coyote Nero, teneva in mano il fucile che era riuscito a nascondere il giorno prima. Un soldato cercò di strapparglielo di mano e scoppiò un tafferuglio.
Proprio in quel momento lo sciamano Uccello Giallo, che guidava la danza, gettò in aria una manciata di polvere. Era parte del rituale, ma ai soldati sembrò un ordine di attacco.
Non si sa chi abbia sparato per primo, ma è certo che i soldati, già spaventati dalla Ghost Dance, della quale non capivano il significato, aprirono immediatamente il fuoco. Molti nativi parteciparono alla battaglia sicuri d’essere resi invulnerabili dalle camicie sacre indossate durante le cerimonie della Ghost Dance.
I Minconnjou vennero quasi completamente sterminati. I soldati inseguirono donne e bambini in fuga sparando ad alcuni di loro persino a quattro chilometri di distanza. Sopravvissero solamente 50 nativi.
Nel 7° cavalleggeri si contarono 25 vittime (molti caduti per i colpi degli stessi commilitoni). Anche il capitano George Wallace si prese un proiettile in fronte a Wounded Knee, dopo essere stato uno dei pochi a sopravvivere alla battaglia di Little Big Horne.
I pochi Minconnjou sopravvissuti vennero poi condotti a Pine Ridge.

La Ghost Dance e Toro Seduto
Prima del massacro di Wounded Knee, la Ghost Dance aveva attraversato rapidamente le riserve mettendo in allarme gli agenti indiani.
Nella riserva di Standing Rock, Toro Seduto fu accusato d’incitare con la Ghost Dance un’insurrezione generale. Per questo, anche Toro Seduto venne ucciso nel corso di un conflitto.
Molti dei sostenitori di Toro Seduto, spaventati dalle possibili ritorsioni, fuggirono a sud per trovare rifugio presso la tribù dei Minconnjou di Big Foot. Quest’ultimo, una volta venuto a conoscenza dei fatti, stabilì di muoversi a sua volta ancora più verso sud, verso la riserva di Pine Ridge, sperando di trovare laggiù scampo dalle conseguenze di eventuali disordini. Non sapeva che quel viaggio si sarebbe concluso con il massacro di Wounded Knee.

La nascita della Ghost Dance
La Ghost Dance non fa parte dei tradizionali riti dei nativi indiani, come la Danza del Sole. La sua nascita risale al 1896 quando lo sciamano Paiute Capelli Grigi, rivelò di avere avuto una visione. Questa annunciava l’avvento di un Messia indiano che avrebbe portato il paradiso in Terra, cancellando ogni distinzione tra razze.
L’avvento del Messia doveva essere celebrato con una cerimonia collettiva durante la quale si entrava in trance e ciascuno poteva comunicare con i defunti. Gli insegnamenti di Capelli Grigi furono raccolti da un altro profeta indiano, Weneyuga. In breve tempo la Ghost Dance si sparse in California e nell’Oregon. Sicuramente la Ghost Dance risentiva dell’influenza culturale dei predicatori cristiani che annunciavano l’Apocalisse: la Fine del Mondo, il ritorno di Cristo e il Giudizio Universale.
Nel 1870 la Ghost Dance si diffuse ancora di più quando Yetcit, un nuovo profeta, annunciò che tutti i nativi che non avessero partecipato alla cerimonia sarebbero morti.
Dopo questa diffusione iniziale l’interesse e la partecipazione al rito della Ghost Dance andò scemando per 10 anni. Riprese slancio quando John Slocum nello stato di Washington affermò di essere morto e poi risorto grazie a sua moglie Mary. Secondo Slocum la sua resurrezione era avvenuta grazie alla danza della moglie. La quale tra convulsioni e stati di trance aveva vegliato sul coma del marito.
La Ghost Dance ebbe un nuovo slancio nel 1890, grazie al mistico Paiute Wovoka.

Wovoka il profeta
Wovoka è un mistico Paiute conosciuto come il Messia tra i suoi seguaci. Cominciò a subire l’influsso della Ghost Dance a circa 30 anni, quando entrò in contatto con la profezia del Paiute Tavibo. Quest’ultimo aveva profetizzato che presto tutti i coloni sarebbero stati inghiottiti dalla terra e tutti i nativi morti sarebbero risuscitati, per godersi la terra finalmente libera dalle persecuzioni. Tavibo esortò i suoi seguaci, a danzare in circolo, cantando canzoni religiose.
Nel 1880 Wovoka iniziò a fare profezie molto simili a quelle di Tavibo. Wovoka annunciava l’avvento di una nuova era in cui i coloni sarebbero spariti lasciando liberi i nativi di vivere sulle loro terre.
Secondo Wovoka la salvezza non poteva essere aspettata passivamente. Anzi, doveva essere favorita da uno stile di vita pieno di danze e canti rituali.
Nel 1889 i Lakota inviarono una loro delegazione ad incontrare Wovoka. Il gruppo riportò la Ghost Dance nelle loro riserve, dove i credenti cucivano le camicie sacre per la danza. I nativi pensavano che queste camicie fossero antiproiettile.
La Ghost Dance venne percepita dai coloni americani come espressione della militanza indiana e sovversiva nei confronti delle regole imposte dai coloni. In realtà Wovoka diceva ai suoi seguaci: “Non dobbiamo ferire o far del male a nessuno. Non dobbiamo rifiutare di lavorare per i bianchi e non dobbiamo creargli problemi di alcun genere.”

La Ghost Dance
La Ghost Dance ha elementi in comune con le antiche danze primitive. La danza portava potere e salute ed era il legame che univa i defunti con i vivi. Inoltre, ha anche elementi in comune con le danze dell’antica Roma, poiché entrambe erano danze collettive di uomini.
Basata sulla danza in cerchio, la Ghost Dance è usata come danza sociale e per pratiche di guarigione. I partecipanti si tengono per mano e ballano in cerchio con un passo strisciato, ondeggiando al ritmo del loro canto o di un tamburo. Spesso al centro del cerchio si più trovare un palo o un albero.
Attraverso la Ghost Dance i danzatori cercavano di raggiungere stati ipnotici o di trance. Per aiutare il raggiungimento di questo stato i danzatori dovevano fissare una piuma o un panno e cantare canzoni con un ritmo sempre più incalzante.
Oggi la Ghost Dance sopravvive come danza tradizionale in alcune tribù. Mentre in teatro approda nel 1981 con la Rambert Dance Company. Il coreografo Christopher Bruce con il suo Ghost Dances ha un successo duraturo e dalla forte rilevanza politica. Per questo la compagnia ha rimesso in scena l’iconico pezzo anche al Sadler’s Wells di Londra nel 2018.

Per saperne di più:
Dee Brown, Seppellite il mio cuore a Wounded Knee, Mondadori, 2017
Non sapevo in quel momento che era la fine di tante cose. Quando guardo indietro, adesso, da questo alto monte della mia vecchiaia, ancora vedo le donne e i bambini massacrati, ammucchiati e sparsi lungo quel burrone a zig-zag, chiaramente come li vidi coi miei occhi da giovane. E posso vedere che con loro morì un'altra cosa, lassù, sulla neve insanguinata, e rimase sepolta sotto la tormenta. Lassù morì il sogno di un popolo. Era un bel sogno... il cerchio della nazione è rotto e i suoi frammenti sono sparsi. Il cerchio non ha più centro, e l'albero sacro è morto.
Alce Nero
In copertina: Disegno che ritrae i nativi americani
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