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James dorme e sogna la Silfide

August Bournonville e la danza in Danimarca

August Bournonville rinnovò il balletto creando quello stile danese riconosciuto nel mondo per grazia ed eleganza. Importante anche come teorico, nei suoi scritti testimoniò le condizioni dei danzatori e del teatro arricchendo il messaggio dei suoi predecessori, Noverre, Vestris e Blasis.

Figura di spicco della danza romantica ottocentesca, August Bournonville (1805-1879) fu un ballerino e coreografo danese alla guida del Balletto del Teatro Reale di Copenaghen (Det Kongelige Teater) dal 1830 al 1877.

Mise in scena molti divertissement (sequenza di danze che evidenziano l’abilità tecnica del ballerino, ma non fanno parte della trama del balletto) e quasi 50 balletti, tra cui Sylfiden o La Sylphide (1836), Napoli (1842), Kermesse a Bruges (1851), Il Conservatorio (1849), Racconto popolare (1854), Infiorata a Genzano (1858), Lontano dalla Danimarca (1860).

ritratto di August Bournonville
August Bournonville

La formazione artistica di August Bournonville

Nato a Copenaghen, August Bournonville fu iniziato alla danza dal padre Antoine, ballerino francese allievo di Noverre, noto sulle scene europee come interprete straordinario e direttore del Balletto del Teatro Danese. Quindi, ad 8 anni fu ammesso alla scuola del Teatro Reale di Copenaghen. E nel 1820, a 15 anni, entrò a far parte della compagnia danese diventando ben presto solista.
Dal 1824 al 1826 fu allievo di Auguste Vestris e venne scritturato come solista all’Opéra di Parigi. In seguito si recò in Italia e fu primo ballerino al Teatro San Carlo di Napoli e alla Scala di Milano.
Poi, tornato in Danimarca nel 1829 ebbe un successo così strepitoso che gli fu offerto un contratto come danzatore principale, direttore di ballo e coreografo. Inoltre, per brevi periodi, collaborò anche con il Teatro di Corte di Vienna e con l’Opera di Stoccolma.

Il linguaggio coreografico di August Bournonville

Bournonville elaborò gli elementi che il suo maestro Vestris aveva ereditato dalla danza del Settecento. Tra questi la simmetria; l’impianto centrale della composizione; la composizione di brevi enchaînements, composti da passi che oggi chiamiamo di collegamento (chassé, pas de bourrée…) e che invece prima avevano una propria autonomia.
Mentre la pantomima e la danza erano perfettamente compenetrate nello svolgimento scenico, la leggerezza era ritenuta tra le qualità più preziose ed apprezzate. Di conseguenza, gli épaulement erano molto marcati.
Quindi, il salto, messo in risalto con batterie e grand-jetés, era la sfida continua contro la legge di gravità che Bournonville definì “la salita rapida e la discesa lenta”.

In sintesi, il linguaggio di Bournonville si allontana dagli eccessi della passione e del virtuosismo. Questa visione equilibrata della danza, venne da lui riassunta con il termine aplomb, non inteso come la nostra ricerca di allineamento, ma come l’armonia perfetta dei movimenti. Come tale, l’aplomb, per il maestro danese, permetteva all’artista di farsi apprezzare misuratamente e con la giusta calma.

La rilevanza dei ruoli maschili

August Bournonville, primo protagonista delle sue creazioni coreografiche, si applicò con dedizione a plasmare ruoli maschili e nobilitò la figura del ballerino, prima ritenuta ambigua sia moralmente che professionalmente.

Il pas de deux, la cui struttura nell’ambito del balletto si definirà solo con Petipa, costituiva un gioco proporzionato di gesti, movimenti e passi, senza quelle acrobazie, che in Francia avrebbero permesso l’élévation della ballerina e ridotto l’uomo al ruolo di porteur. Per fare in modo che l’occhio dello spettatore non fosse distratto dal movimento dei piedi, spesso le braccia erano tenute ferme nella posizione bras bas. Per finire, vaporosi tutù sino al ginocchio mettevano in risalto i piedi della danzatrice bournonvilliana, i cui port de bras mostravano la sobrietà e la compostezza del suo stile.

due danzatrici in Conservatorio
Il Conservatorio, The Royal Danish Ballet, 2011 © Costin Radu

Testimonianze scritte di August Bournonville

August Bournonville scrisse il testo autobiografico, Mit Theaterliv (La mia vita teatrale) pubblicato nel 1979 che abbraccia aspetti estetici e filosofici della danza e del teatro.

Una testimonianza diretta del suo metodo ci è pervenuta grazie ai manoscritti pubblicati nel 1848, 1855 (Études Chorégraphiques) e nel 1861.

Otto articoli con il titolo Lettres sur la Danse et la Chorégraphie furono pubblicati a Parigi nel 1860. E d’ispirazione furono le famose Lettres pubblicate nel secolo precedente da Jean-Georges Noverre.

Inoltre, August Bournonville ci ha lasciato una testimonianza sulla scuola di Vestris. Questa Méthode de Vestris è un insieme di circa 150 esercizi scritti che il maestro danese pubblicò nel 1826. Dieci di questi sono stati ricostruiti ed annotati in Labanotation. Questi scritti, vere e proprie sequenze utilizzate nelle classi quotidiane, costituivano l’allenamento di base dei danzatori nell’età romantica. La struttura della sequenza, con elementi più volte ripetuti, puntava allo sviluppo della forza e della resistenza muscolare.

Il metodo di notazione

Bournonville creò anche un suo sistema di notazione all’epoca di scarso successo. Ma grazie al quale oggi si è potuto ricostruzione di alcuni passaggi delle sue coreografie.

Hans Beck, maître de ballet del Teatro Reale di Copenaghen dal 1894 al 1915, allievo di un allievo di Bournonville, suddivise le principali variazioni del repertorio del Maestro in classi giornaliere. E ciò costituì, almeno fin al 1930, la sola base dell’allenamento scolastico del ballerino danese. Inoltre, annotò 108 enchaînements che facevano parte degli esercizi di repertorio della scuola bournonvilliana.

giovani ballerini imparano il metodo Bournonville
Il Conservatorio, Royal Danish Ballet, 2011 © Costin Radu

Curiosità su Bournonville

Come Maestro, August Bournonville pretese dai suoi allievi un’obbedienza ed una sottomissione totali, esercitando un controllo persino sulla condotta morale tenuta fuori dalla scuola.

Il danseur noble che ha incarnato meglio di chiunque altro l’eleganza e la nitidezza delle linee dello stile danese è stato Erick Bruhn.

Paradossalmente la fama di questo grande coreografo varcò le soglie della Danimarca solamente quasi un secolo dopo la sua morte. Infatti, nel 1950 fu istituito da parte del Teatro di Copenaghen il primo Festival Internazionale di Danza, che svelò alla critica la solida tradizione ballettistica danese. Da quel momento in poi si moltiplicarono le occasioni per gli artisti danesi di esibirsi in tournées all’estero. Di conseguenza, il corpo di ballo danese, le cui qualità poggiavano su una brillante tecnica e notevoli capacità mimiche, si posizionò in primo piano nel panorama internazionale.

"Ho collocato il balletto nel regno dell’arte e l’ho convertito in decoro della scena mentre prima era disprezzato e tenuto da parte. In tutta la mia vita mi sono sforzato di rivendicare ai miei compagni d’arte il diritto che ad essi appartiene."

In copertina: Ulrik Birkkjaer (James) e Susanne Grinder (la Silfide), Royal Danish Ballet, 2009-10 © Henrik Stenberg

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